2013/08/20

Sul “senso di colpa” e sul “dovere” - di G.Costa






"I concetti di “senso di colpa” e di “dovere” generano ripetute e profonde sofferenze in noi, poiché intrappolano il nostro slancio vitale invece di promuoverlo. La difficoltà a prendere coscienza di cosa il senso di colpa e il dovere nascondono, nasce dal fatto che entrambi, sono animati dalle migliori intenzioni: “E’ mio dovere…”, “Dovrei …”.

Io stessa ho per lungo tempo funzionato nella colpa e nel dovere e conservo di quel periodo della mia vita l’impressione di una profonda divisione. Ogni persona poi che ho incontrato, nella mia professione di Counselor, affermava anch’essa di sentirsi divisa e lacerata.

Il senso di colpa non solo ci ostacola, ma ci blocca e ci consuma interiormente. Se non ce ne prendiamo cura, può trasformarsi in una palude, in un pantano dentro il quale la nostra vita sprofonda e rimane invischiata inesorabilmente.

Il senso di colpa è una combinazione di diversi meccanismi disfunzionali tra cui

Giudizio => su se stessi, sugli altri, sulla situazione o sulla vita: “Sono un egoista, dovrei …”
Credenze e pregiudizi => nei confronti di se stessi, degli altri, della situazione, della vita: “I miei figli non ce la faranno mai da soli . Devo …”
Pensiero binario => “per prendersi cura degli altri ci si deve scollegare da se stessi ..”
Linguaggio deresponsabilizzante => “Bisogna, è così! In veste di buona madre, buon capo, buona insegnante, ecc…., devo …”
Insicurezza affettiva => per mancanza di autostima e per dipendenza dallo sguardo degli altri: “Dovrei farlo, altrimenti cosa penseranno di me?”
Incapacità di accettare la nostra diversità e la nostra unicità => “Tutti gli altri fanno così. Non mi sembra giusto fare diversamente”.
Difficoltà a dire e accettare i “No” => “Quando dico sì, ma in realtà penso no, mi sento in colpa nei confronti di me stessa, perché non mi rispetto. Quando dico no, e lo penso, mi sento in colpa nei confronti dell’altro, perché non è gentile da parte mia …” “Quando l’altro mi dice no, mi sento in colpa verso di lui perché non avrei dovuto fargli la mia richiesta: l’ho disturbato, ce l’avrà con me … Mi sento in colpa anche nei miei confronti. Perché mi faccio sottomettere subito, senza nemmeno provare a continuare la discussione in modo deciso e sereno ..”

Contrariamente alle nostre credenze abituali il senso di colpa non è un sentimento, bensì un giudizio: non ci sentiamo colpevoli, ci giudichiamo colpevoli.

Secondo i nostri usi, le nostre tradizioni morali e il nostro sistema giudiziario, i colpevoli vanno messi in prigione. Così, la parte di noi che giudichiamo colpevole è agli arresti. Non stupisce, quindi, che la nostra vitalità sia ostacolata, immobilizzata. Siamo allo stesso tempo prigionieri e carcerieri della nostra colpa.

Ricordiamo, infatti, che ogni tipo di giudizio rinchiude, limita, blocca, e così facendo, impedisce di entrare in contatto con la realtà, che invece è sempre in movimento e in via di cambiamento.

In fondo, la colpa ci rinchiude e ci impedisce di essere veramente responsabili. Dicendoci “Mi sento in colpa per …” pensiamo di ascoltarci, mentre invece ci scolleghiamo da noi stessi. Se ci ricolleghiamo possiamo sentirci lacerati, divisi, delusi, in collera, a disagio nei confronti dei nostri bisogni di responsabilità, di attenzione, di rispetto, di solidarietà ..

Tuttavia un’analisi sincera delle emozioni e dei bisogni che coesistono, ci potrà aiutare a riconciliare i due lati di noi stessi che sono in conflitto.

Questa riconciliazione, a sua volta, stimolerà la dinamica della responsabilità, che ci permetterà di uscire dalla palude o dalla prigione.

Quando non seguiamo la nostra strada, soffriamo. Se non ascoltiamo la nostra sofferenza e non ce ne prendiamo cura, la vita ci lancia dei segnali sempre più forti per risvegliare la nostra coscienza, per sopperire alla nostra distrazione.

Immaginate di volere svegliare una persona che sta dormendo. Inizierete a sussurrargli qualche parola all’orecchio, poi, se ancora non si sveglia, parlerete ad alta voce. Se dorme ancora, la sfiorerete lievemente con la mano. Se rimane addormentata, la scuoterete vigorosamente. Se dopo tutto questo, dorme ancora, la tirerete giù dal letto gridando: “Svegliati!”.

Noi siamo la persona che dorme, e la vita ci invita al risveglio, alla coscienza, con dolcezza. Se non diamo ascolto alla dolcezza, la vita, non tarderà a svegliarci in qualsiasi altro modo ….."






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